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Storia di una molto probabile campionessa olimpionica

Storia di una molto probabile campionessa olimpionica

La storia di Gretel Bergmann, una molto probabile campionessa olimpionica se non fosse stato per il nazismo

Margaret, detta Gretel, Bergmann nata nel 1914 fu una altista e pesista tedesca, di origini ebree, di gran talento ma che ebbe la sfortuna di maturare sportivamente negli anni in cui in Germania salì al potere il partito nazista. Difatti la sua carriera decollò nel 1931 dove ottenne i primi successi nel salto in alto, culminati con il record tedesco stabilito durante i Campionati della Germania meridionale proprio in quell’anno. Comincia così la storia di una molto probabile campionessa olimpica, alla quale venne negata la possibilità di vincere una medaglia dai nazisti per il semplice fatto di essere ebrea.

L’ascesa del nazismo e il trasferimento in Inghilterra

Nel 1932, quando il partito Nazionalsocialista dei Lavoratori di Adolf Hitler salì al potere, la situazione in Germania per i tedeschi di origine ebrea si fece repentinamente critica. Ma per Gretel Bergmann l’incubò si materializzò l’anno successivo, nel 1933, quando vennero promulgate le leggi razziali. Fu così che il suo allenatore le comunicò che in quanto ebrea, non era più persona gradita nel club sportivo dove da sempre si allenava. Gli fu anche negata l’iscrizione al Collegio tedesco per la ginnastica di Berlino.

Allora nel 1934 suo padre approfittando di un viaggio di lavoro in Inghilterra, la iscrisse al Politecnico di Londra. Qui la Bergmann, all’epoca diciannovenne, venne accettata dal circolo di atletica e poté in breve tempo proseguire la carriera sportiva. Nel 1935, infatti, l’atleta partecipò e vinse il Campionato di Inghilterra, dove fermò l’asticella all’altezza di 1,55 metri.

Berlino 1936

A questo punto inevitabilmente la storia della Bergmann si intreccia con quella di una delle più discusse edizioni delle olimpiadi, ovvero Berlino 1936. L’assegnazione a Berlino di città ospitante dei giochi olimpici fu decisa dal CIO nel 1931, prima che Hitler salisse al potere. Inizialmente pare pure che non tutti i gerarchi nazisti fossero convinti che organizzare le olimpiadi potesse portare qualche vantaggio al Reich, sembra che anche il Fuhrer fosse di questo parere. Ma l’intervento di Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista, convinse Hitler che invece era una buona idea. Non fosse altro per battere sportivamente gli Stati Uniti, che all’epoca erano i principali oppositori della Germania nazista.

La minaccia di boicottaggio

Dunque partirono dagli Stati Uniti, ma anche da alcuni paesi Europei, appelli di boicottaggio per i giochi olimpici di Berlino. Sotto le pressioni internazionali i nazisti acconsentirono a mettere da parte le discriminazioni e le leggi razziali, assicurando che avrebbero fatto partecipare gli atleti ebrei alle Olimpiadi. E fu “usata” come atleta simbolo proprio Gretel Bergmann. Il regime assicurò tutti che ella avrebbe partecipato come rappresentante della Germania. Così la invitarono a tornare, dato che viveva ormai in Inghilterra, promettendogli da un lato che avrebbe partecipato ai giochi, ma dall’altro minacciandola di rappresaglie verso la sua famiglia, che viveva ancora in Germania, se si fosse rifiutata.

La propaganda nazista

Dunque i nazisti accettarono di far partecipare atleti ebrei, pensando che ne valesse la pena. L’organizzazione dei giochi avrebbe dato un’immagine di una nazione nuova, forte e unita al resto del mondo. I tentavi di boicottaggio da parte degli USA vennero sopiti. La Bergmann sfruttata dalla propaganda, tornò in Germania convinta che avrebbe fatto parte della rappresentativa tedesca. Si allenò duramente per farsi trovare pronta per le olimpiadi, e un mese prima eguagliò il record tedesco di salto in alto a 1,60 metri. Questo però non fu visto di buon occhio dal regime. Dato che un’atleta ebrea che rappresenta la Germania sul gradino più alto del podio, avrebbe creato molto imbarazzo nel partito.

Ricordo le bandiere con la svastica, i saluti romani. E la rabbia enorme che avevo dentro. Era però proprio in quelle situazioni che riuscivo a dare il meglio di me stessa. E saltai come non avevo mai fatto in vita mia

Gretel bergmann

L’esclusione

I nazisti attesero il 16 giugno, quando la rappresentativa USA era già partita per l’Europa alla volta di Berlino, per estrometterla dai giochi. Il Comitato Olimpico tedesco glielo comunicò attraverso una lettera:

Cara signorina Bergmann, ci dispiace comunicarle la sua esclusione dall’Olimpiade. Lei non è stata abbastanza brava e non può dunque garantire risultati. Heil Hitler!

Testo della lettera.

Al suo posto fecero partecipare Dora Ratjen, atleta simpatizzante del nazionalsocialismo e della razza ariana. La scelta si rivelò un fiasco, dato che la Ratjen si classificò solo quarta. Per un certo periodo dunque le due furono compagne durante gli allenamenti in vista dei giochi. La Bergmann in seguito ne parlò come una persona molto riservata, e curiosamente, nonostante condividevano lo spogliatoio, non l’aveva mai vista nuda. Nel 1938 venne fuori che in realtà Dora Ratjen era Hermann Ratjen, cioè un uomo. Ma la Bergmann anni dopo ha avuto parole di compianto per la Ratjen, considerandola al pari di sé stessa un’altra delle vittime del nazionalsocialismo.

https://www.youtube.com/watch?v=pgxov_uAVQc

La vita dopo le olimpiadi del 1936

Delusa da questa esperienza, non volendo più avere niente a che fare con il nazismo e la Germania, Gretel Bergmann si trasferì negli Stati Uniti. Con solo 4 dollari in tasca per ricominciare una nuova vita. E così fu. Vinse i campionati americani di salto in alto (due edizioni 1937-1938) e lancio del peso (una edizione 1937). Ma allo scoppio della seconda guerra mondiale, decise di terminare la sua carriera sportiva. Nel 1942 ottenne la cittadinanza americana. Così quella che molto probabilmente sarebbe stata la campionessa olimpica ai giochi di Berlino 1936, è deceduta nel Queens il 15 luglio 2017. Alla veneranda età di 103 anni. In barba al nazismo e alla razza ariana, che le avevano negato la gioia di poter vincere una medaglia olimpica.

Capone

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