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Il paradosso di Fermi

Il paradosso di Fermi

Siamo soli in questo universo/multiverso? Il paradosso di Fermi

Il paradosso di Fermi è un pensiero attribuito appunto ad Enrico Fermi, per chi non lo conoscesse è stato un fisico di origini italiane, naturalizzato statunitense. Faceva parte dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperma”, un gruppo di fisici italiani degli anni ‘30. Principalmente del Fermi si ricorda la progettazione e supervisione alla realizzazione del primo reattore nucleare a fissione. Ma anche perché fu uno dei direttori tecnici del progetto Manhattan, che portò alla realizzazione della bomba atomica, con la quale gli USA praticamente misero fine alla seconda Guerra Mondiale. Nel 1938 fu insignito del premio Nobel.

Una foto di Enrico Fermi
Una foto di Enrico Fermi.
Le origini del paradosso

Mentre lavorava nei laboratori di Los Alamos nel 1950, alla mensa del laboratorio Enrico Fermi prese parte a una conversazione con alcuni colleghi, tra cui Edward Teller. La conversazione verteva su un recente avvistamento di UFO riportato dalla stampa, preso in giro da una vignetta satirica. La conversazione continuò su vari argomenti correlati, finché improvvisamente Fermi esclamò: «Dove sono tutti?» («Where is everybody?»).

Possibili soluzioni
  • Siamo soli
  • Le civiltà evolute hanno breve durata
  • Esistono, ma sono troppo lontane nello spazio e nel tempo
  • Esistono, ma non comunicano o non vogliono comunicare
  • Non siamo in grado di ricevere comunicazioni
  • La teoria della foresta oscura

Questa ultima soluzione merita una spiegazione, in breve: l’universo è una foresta oscura dove tutti si nascondono, perché non appena sei notato sei catalogato come possibile concorrente alla sopravvivenza, ti distruggono e ti depredano della tua materia prima che lo faccia tu.

Where is everybody?

In effetti il ragionamento in se non fa una piega, però dobbiamo considerare che al tempo in cui fu enunciato l’universo osservabile\conosciuto era abbastanza “limitato”. Ad esempio, se prendiamo in considerazione i giorni nostri, da quando abbiamo costruito e messo in orbita il telescopio spaziale Hubble, ci siamo resi conto che le dimensioni del nostro universo sono talmente vaste ed indefinite da non poter nemmeno ipotizzare se ci siano dei limiti. Dunque il numero di stelle, con relativi sistemi di pianeti, è cresciuto a dismisura.

In secondo luogo, soltanto nel 1957, ovvero sette anni dopo l’enunciazione del paradosso, fu definitivamente accettato il concetto di multiverso grazie a Hugh Everet III. Anche se in realtà l’ipotesi di una moltitudine di universi simili al nostro, risale addirittura a tempi antichi.

Alla luce di queste considerazioni, il paradosso di Fermi sembra perdere la parte logica del ragionamento, dato che abbiamo capito che il numero di universi, galassia e quindi di stelle e pianeti è qualcosa di difficilmente definibile.

Un paradosso non più attuale

Dunque senza sminuire la figura di Enrico Fermi, possiamo affermare che in base alle conoscenze attuali escludere l’esistenza di altre forme di vita, intelligenti o meno, solo perché non le abbiamo trovate o loro non hanno trovato noi, appare sbagliato.

Quindi siamo soli?

Lasciandovi con questo quesito, voglio ricordarvi il progetto SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) che dal 1960 cerca di trovare una risposta alla sopracitata domanda. E magari in un altro post in futuro vi scriverò di un altro “ragazzo di via Panspermia”, Ettore Majorana.

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