Essere Nicolas Cage | Recensioni di film immaginari
Essere Nicolas Cage | Recensioni di film immaginari
Forse alcuni di voi hanno già recensito un film. Ma avete mai recensito un film che non esiste? Da un’idea di Michele Borgogni nasce la nuova rubrica “Recensioni di film immaginari” e in questo primo appuntamento si parte con il film Essere Nicolas Cage.
Sono passati dodici anni dai fatti narrati in Essere John Malkovich, la LesterCorp ormai non esiste più e nessuno utilizza più da anni il settimo piano e mezzo del grattacielo di New York dove aveva sede. Finalmente la struttura viene affittata da una nuova associazione che si batte per i diritti degli attori affetti da nanismo, e un’impresa di ristrutturazioni edilizie viene incaricata di rimettere in sesto i locali. Il geometra capo Eric (John Turturro) scopre il misterioso passaggio, che porta ora dentro la mente di Nicolas Cage, e sconvolto cerca di fermare i lavori per capire bene cosa fare. Intanto Lotte (Cameron Diaz) nota che nel grattacielo sta succedendo qualcosa, e decide di indagare.
La recensione
Inaspettato! Il seguito di quello che è forse il lavoro più famoso di Spike Jonze prima del pluripremiato Her, scritto sempre dal sodale Charlie Kaufman, è rimasto per molti anni un segreto tenuto gelosamente nascosto da Hollywood. Essere Nicolas Cage è un film vitale, ironico, divertente, efficacemente assurdo. Jonze gioca a citare le scene del primo film, riproponendole in chiave ancor più ironica e surreale e mischiandole con evidenti riferimenti al moderno folklore popolare, ai rumors che circolano nel mondo del cinema americano, addirittura ai primi memes a farsi spazio su internet. La scena della scoperta da parte di Nicolas Cage del tunnel che porta al suo stesso cervello era sicuramente quella più attesa dal pubblico, e Jonze e Kaufman non deludono.
Cage, come Malkovich nel primo film, trova un mondo popolato solo di persone con il suo viso, ma mentre nell’originale ognuno di loro riusciva solo a dire “Malkovich” qui nel sequel i personaggi non riescono a dire nulla di intellegibile e si limitano a urlare, rotolarsi per terra con la testa tra le mani, sbraitare parole senza senso per otto lunghissimi minuti, al tempo stesso tragici ed esilaranti. Otto minuti in cui il vero Nicolas Cage tenta di riportare i suoi alter ego alla ragione senza capire cosa stia succedendo, cercando di mantenere la calma fino in fondo. Potremmo definire “Essere Nicolas Cage” una esilarante tragedia sulla perdita dell’io, e il messaggio non è mai così chiaro come nel momento in cui il vero Nic viene assalito da uno sciame di api ognuna delle quali ha il suo volto minuscolo. Nicolas si accascia a terra, urlando “NOT THE MES!” in un evidente richiamo a una delle sue scene più riuscite, e sviene. Lo schermo diventa buio e quando la luce torna vediamo la splendida Cameron Diaz, in un momento epifanico di grande livello.
Forse è stata proprio questa scena a valere a Cameron Diaz una meritata nomination agli Oscar, purtroppo l’unica per questo capolavoro che almeno inizialmente non è stato compreso fino in fondo, ma che è subito diventato oggetto di culto. Straordinario anche Peter Dinklage nel ruolo di se stesso, presidente dell’associazione da lui stesso fondata. Elle Fanning è già bellissima nel ruolo della figlia di Cameron Diaz, che forse conosce il suo passato e forse no, un mistero la cui risoluzione è lasciata all’immaginazione del pubblico.
La collaborazione tra Jonze e Kaufman qui tocca i livelli massimi, e una separazione tra i due era probabilmente inevitabile. Regista e sceneggiatore sono come mai prima di questo film un unicum indistinguibile ed indivisibile, il loro scopo è di farci porre delle domande, di mettere al lavoro la nostra fantasia, di stimolarci. Di farci capire che se le cose sembrano andare male, se davvero lo stress diventa troppo, diventa insostenibile e non vediamo altre soluzioni, allora non dobbiamo vergognarci di uscire di senno ed urlare. Proprio come Nicolas Cage, vero modello di eroe positivo dei nostri giorni.