Sono passati nove anni dal disastro nucleare di Fukushima, ma la centrale continua a destare preoccupazione. Infatti le autorità giapponesi stanno pensando di riversare milioni di tonnellate di acqua radioattiva, utilizzata per raffreddare il nocciolo, direttamente nell’oceano.
L’incidente del 2011
Era l’11 marzo 2011 quando lo tsunami provocato dal terremoto di Tohoku colpì i generatori di emergenza che alimentavano le pompe per il raffreddamento dei reattori. In seguito al terremoto questi interruppero automaticamente le reazioni di fissione nucleare. Il raffreddamento insufficiente portò a tre crisi nucleari, ad esplosioni d’aria e idrogeno e il rilascio di materiale radioattivo nelle Unità 1, 2 e 3.
Acque radioattive
Le autorità giapponesi stanno cercando delle soluzioni per capire dove mettere l’acqua radioattiva utilizzata per raffreddate le barre esauste, dato che le vasche di contenimento si stanno rapidamente riempiendo. Nel settembre 2019 il problema venne portato alla luce e la commissione che se ne sta occupando iniziò a cercare delle soluzioni.
Ci sono circa 1,2 milioni di tonnellate di acqua contaminata provenienti dai reattori e dalla falda sottostante, per ora al sicuro in un migliaio di vasche di isolamento continuamente “rabboccate” dall’acqua estratta dalla falda. Vengono accumulate circa 160 t d’acqua al giorno e secondo l’IAEA (International Atomic Energy Agency) si raggiungerà il massimo della capacità di stoccaggio entro metà 2022. Ecco perché va trovata una soluzione quanto prima.
La non-soluzione
La soluzione che provocherebbe meno danni possibili all’ambiente sembrerebbe quella di riversare l’acqua nell’oceano in piccole quantità per i prossimi decenni, partendo dal 2022. Per il governo e la TEPCO, la società che gestisce l’impianto nucleare, l’acqua non dovrebbe causare danni all’ambiente, non più di quanti non ne provocasse quando i reattori erano a pieno regime. Infatti il trizio, di cui l’acqua è ricca, è un isotopo dell’idrogeno debolmente radioattivo e con un tempo di dimezzamento di circa 12 anni.
Nel frattempo i pescatori giapponesi e i Paesi verso i quali il Giappone esporta pesce sono molto preoccupati.
Fonti: Focus, Wikipedia, IEAE.